mercoledì 24 ottobre 2007

libano/8 - altri libanesi

uno è walid, il presidente di slow food beirut. ha un ristorante e una panetteria, entrambi carissimi, ed è un druso barbuto e pragmatico, incapace di scegliere le parole. parla un inglese mediterraneo, da film: se non può venire a un appuntamento ti telefona, ma invece di chiedere scusa ti dice "forget about it". pare che sia cuoco e architetto, ma dove la fiction si sovrappone alla realtà, lo sa solo lui.
il reciproco di walid è kamal, raffinatissimo businessman maronita dei mercati; proprietario di un appartamento a jemmayzeh, il centro strategico di beirut, nel quale anche i bicchieri dell'acqua hanno un perchè. ai complimenti per l'abitazione rilancia invitandoti nella sua casa seria di batroun, della quale si favoleggia l'impossibile. anche kamal pare essere di formazione un cuoco.
e un'altra è yumna, giovane bancaria musulmana che si è buttata nell'agricoltura biologica. entra nelle sale dei ristoranti catturando un'attenzione immediata, e paziente soddisfa la fila di quelli che la baceranno tre volte sulle guance. non bastasse il fascino del suo sorriso mediorientale, parla solo in francese: anche le sue patate hanno un'innegabile sensualità transalpina.
il portiere della casa ufficio dove vivo, invece, si chiama samir, e abbatte a sguardi e sorrisi la notoriamente ostica barriera della lingua. ho almeno imparato a dire grazie e buongiorno in arabo per un minimo di interazione, ma confesso con imbarazzo che ho scoperto il suo nome solo oggi.
lui invece deve avere accesso a informazioni riservate. è dal primo giorno che mi saluta dalla porta al piano terra: "marhaba gigi...".

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